La Fotografia Stenopeica
Foto in punta di spillo
Può sembrare strano che nel secolo attuale, il secolo del Digitale, si continui a parlare di qualcosa che ha molto di più degli oltre 150 anni della fotografia, 1889.
A parte ad un nutrito gruppo di fotoamatori molti non conoscono la foto
Stenopeica e ritengono che sia impossibile ottenere foto senza l’uso di un
obiettivo e una macchina fotografica.
Ma la nostra SCATOLA è una macchina fotografica, seppure primordiale,
che rispetta tutte le leggi dell’ottica e del procedimento fotografico più
classico.
Incredibile ma vero: un semplice forellino piccolo e molto preciso può sostituire l’obiettivo fotografico; i tempi di posa richiesti sono molto lunghi, ma in compenso la profondità di campo è pressoché totale.
C’era una volta….
Così iniziano le storie che partono da lontano, e il nostro racconto infatti ha inizio con l'arte di catturare un'immagine attraverso un dispositivo stenopeico e risale prima all'antica Cina per poi passare ai Greci e infatti si dice che i principi su cui si basa fossero già noti ad Aristotele nel IV secolo a.C., allo scopo di osservare un'eclissi di Sole, ed anche grazie a ciò che sappiamo riguardo le sue osservazioni sulla luce, sui colori e sul senso della vista. Nell'XI secolo e precisamente nel 1039, con largo anticipo sugli studi successivi, se ne occupò l'erudito arabo Alhazan Ibn Al-Haitham che la usò anche lui per osservare un'eclisse. Lo stesso fece il monaco francese Guglielmo di St. Cloud il quale si servì della camera oscura per osservare l'eclisse solare del 5 giugno 1285.Gli studi dell'arabo Alhazen sui raggi luminosi e sulla teoria della visione furono tradotti dal monaco Vitellione nell'opera Opticae thesaurus Alhazeni arabis.
Successivamente.
Nel 1292 Guglielmo di Saint-Cloud per le sue osservazioni astronomiche utilizzò la proiezione dell'immagine del Sole su uno schermo mediante una camera oscura, il cui funzionamento è spiegato nel prologo della sua opera Almanach planetarum. E' comunque accertato che fù nel Cinquecento che si lavorò intorno a questo oggetto, che veniva già usato spesso dai pittori (come vedremo in seguito). Leonardo da Vinci descrisse nel 1515, nel "Codice Atlantico", considerato il più grande ed affascinante trattato di tecnica, un procedimento per disegnare edifici e paesaggi dal vero, che consisteva nel creare una camera oscura nella quale veniva praticato un unico foro su una parete, sul quale veniva posta una lente regolabile (come verificò Gerolamo Cardano). Sulla parete opposta veniva così a proiettarsi un'immagine fedele e capovolta del paesaggio esterno, che poteva essere copiata su un foglio di carta ("velo") appositamente appeso, ottenendo un risultato di estrema precisione. Immaginò così la camera oscura, premessa per la macchina fotografica, descrivendone, pur senza averla realizzata, il funzionamento basilare: una scatola con forellino centrale, attraverso il quale passava l'immagine di un qualsiasi oggetto illuminato che si proiettava, rovesciata, sulla superficie interna, opposta e perpendicolare a quella su cui era stato praticato il foro. Con la camera oscura Leonardo intendeva dimostrare che le immagini hanno natura puntiforme, si propagano in modo rettilineo e vengono invertite dal foro stenopeico, arrivando a ipotizzare che anche all'interno dell'occhio umano si avesse un analogo capovolgimento dell'immagine. Il 24 gennaio 1544 Gemma Rainer detto Frisius, un fisico olandese, anche lui osservò l'eclissi di Sole proprio per mezzo di una camera oscura. Nella sua opera del 1568, Pratica della prospettiva, Daniele Barbaro descrisse una camera obscura con lente, che permetteva lo studio della prospettiva. Il termine camera obscura fu utilizzato per la prima volta da Giovanni Keplero, nel 1604, nel suo primo trattato di ottica, Ad Vitellionem paralipomena. Nel 1620 Keplero usava una specie di tenda da campo come camera obscura. Una lente ed uno specchio sulla sommità della tenda rinviavano l'immagine su un piano all'interno così poteva effettuare i suoi rilievi topografici. Gli studiosi italiani del Rinascimento contribuirono in modo notevole a porre i fondamenti ottici della moderna fotografia. Nel Seicento divenne frequente l'uso della camera obscura portabilis: una scatola con una lente da una parte ed uno schermo di vetro smerigliato dall'altra, cosicché l'immagine poteva essere vista dall'esterno della camera. Gli artisti del seicento fecero largo uso della camera obscura sia per disegnare ritratti che paesaggi. Una camera oscura gigante fu costruita per tale scopo nel 1646 ad Amsterdam dall'olandese Athanasius Kircher; le dimensioni erano tali che il disegnatore poteva entrarvi all'interno. Un piccolo buco su una parete consentiva alla luce di proiettare il paesaggio esterno sulla parete opposta. Il disegnatore in piedi tracciava su un grande foglio steso sulla parete i tratti del paesaggio. Il disegno veniva poi completato nello studio dell'artista. Kircher intuì che il fenomeno di proiezione poteva avvenire anche al contrario, tant'è che ideò la cosiddetta lanterna magica, un proiettore di disegni che fu l'antenato dei moderni proiettori cinematografici. Finalmente, nel 1685, il tedesco Johann Zahn realizzò una camera oscura di tipo reflex. Aveva posizionato all'interno uno specchio, collocato a 45° rispetto alla lente dell'apertura, che rifletteva l'immagine su un vetro opaco. Ponendo un foglio da disegno sul vetro, era possibile ricalcare i contorni visibili dell'immagine così proiettata. Zahn costruì in seguito una macchina più piccola e trasportabile ovunque. Nel XVIII secolo risultavano largamente utilizzate le camere obscure dai pittori nell'impostazione di quadri con problemi prospettici, come Bellotto e Giovanni Antonio Canal, detto Il Canaletto (la cui camera oscura originale si trova al Museo Correr di Venezia), i quali, grazie a questo strumento, acquisirono quella precisione "fotografica" nel fissare i paesaggi che ancora li rende celebri. Anche Antonio Vallisneri possedeva una camera ottica nella propria collezione. Si ipotizza che anche il Caravaggio utilizzasse la camera oscura per preparare delle bozze dei suoi quadri. Questi studi furono alla base dello sviluppo della lanterna magica, spettacolo di proiezioni antenato del cinema, fin dall'inizio infatti era previsto di poter eventualmente usare la camera oscura anche come lanterna magica, cioè come una sorta di proiettore di diapositive. Uno strumento di grande ausilio per disegnatori tecnici e pittori che continuò ad essere usato per almeno due secoli. Un esempio di camera oscura risalente al Settecento, molto ben conservato, tuttora funzionante e visitabile, si trova nel Liceum della città di Eger in Ungheria. Ed in Italia è stata realizzata recentemente a Voghera, nella torre nord-ovest del Castello Visconteo, la prima “Camera Obscura” stabile esistente in Italia dove, attraverso un foro, viene proiettata l’immagine esterna dei giardini e della cupola del Duomo.
L'arte di catturare un'immagine attraverso un dispositivo stenopeico raggiunge il suo apice di popolarità negli anni ottanta dell'Ottocento. L'era della moderna fotocamera con obiettivo nitido ha segnato la fine della fotografia stenopeica come una delle principali forme d'arte. Tre decenni fa Eric Renner ha resuscitato la forma con la sua pubblicazione Pinhole Journal che ha inaugurato una rinascita di interesse da parte di artisti che cercano una visione alternativa spesso concettuale e un'alternativa alla fotografia a fuoco nitido. Renner e Nancy Spencer, grazie a questo sforzo, hanno costruito la più grande collezione al mondo di arte stenopeica da 31 paesi e 500 artisti comprendenti 6000 immagini. Pinhole offre nuovi modi di esplorare il mondo utilizzando i meccanismi più semplici e improvvisati modellati su scatole di avena, conchiglie di mare e altri materiali sorprendenti per creare immagini di bellezza misteriosa, a volte inquietante in paesaggi onirici, ritratti, nature morte, astrazioni e immagini politicamente cariche. Nel foro stenopeico è l'oggetto della fotocamera che guarda ma l'artista che vede, spiegando così il notevole mistero e la poesia che è la fotografia stenopeica. Primitivo in termini tecnologici, ci permette di visualizzare cose che non possiamo vedere. Una fotografia realizzata con la fotocamera stenopeica è sempre una registrazione dello "sguardo" della fotocamera, che mostra ciò che guardava, non ciò che vedeva l'essere umano. Il fotografo non costruisce più rappresentazioni soggettive; si limita ad assistere alla nascita dell'immagine. La migliore abilità artistica raggiunta oggi nella fotografia stenopeica e per la maggior parte mai pubblicata prima, dagli artisti come Paolo Gioli (Italia), Shi Guorui (Cina) e Bethany de Forest (Paesi Bassi) si uniscono a un elenco eccezionale proveniente da tutto il mondo celebrando la natura completa di questa antica arte fotografica.
La storia potrebbe così
continuare ancora a lungo, invece noi ora passiamo alle descrizioni delle
tecniche per la realizzazione di questa SCATOLA MAGICA.
LA COSTRUZIONE
Fare fori
Abbiamo visto che la parte principale, il nostro obiettivo, è il Foro (in inglese Pinhole). Su un manuale di fotografia dei primi anni dello scorso secolo ci sono gli studi e le misurazioni condotte da uno studioso di nome Combe, il quale aveva calcolato esattamente il diametro di alcuni aghi inglesi che si trovano tuttora in commercio nelle mercerie.
Ecco qualche esempio di misurazioni riportate:
gli aghi “n.12 super” hanno uno spessore di
0,33mm,
gli aghi “n.11 super” di 0,38mm
gli aghi “n.10 super” di 0,46mm
gli aghi “n. 9 super “ di 0,52mm
gli aghi “n. 7 super “ di 0,60mm
gli aghi “n. 6 super “ di 0,72mm
gli aghi “n. 4 super “ di 0,81mm
gli aghi “n. 3 super “ di 0,92mm
gli aghi “n. 2 super “ di 1mm
Antica Tabella indicata da Luigi Sassi.
Per i migliori risultati, il materiale di partenza che si adopera per realizzare i fori è un sottilissimo fogliodi ottone da 0.030mm di spessore che si trova in commercio in varie misure col nome di carta di Spagna.
- ago da cucito
- materiale spessorato in ottone sottile
- cartone
- carta smerigliata
1) Si ritaglia un quadrato d’ottone
da 2,5cm circa per lato e lo si adagia
su un pezzetto di cartone
2) Spingere delicatamente l'ago da cucito sull'ottone, ma non
completamente, per produrre una
piccola protuberanza sul lato opposto della piastrina.
3) Muniamoci ora di
carta abrasiva molto fine e strofiniamo la protuberanza con mano leggera avendo
l’accortezza di girare il foglietto d’ottone con una certa regolarità, fino a
che rimane uno strato sottilissimo di metallo, che finalmente andiamo a perforare
con la sola punta di un ago il cui diametro sia certo.
4) Ripetere i passaggi 2 e 3 finché non viene prodotto un foro molto
piccolo
Il foro è così realizzato
È possibile, con la pratica, produrre un foro stenopeico migliore rispetto ai processi laser commerciali. Questo è perché i bordi del foro stenopeico sono arrotondati, consentendo un campo visivo leggermente migliore.
Ora dopo il foro bisogna costruire la Scatola che puo essere di carta o di legno oppure adattare macchine fotografiche anche digitali con un coperchio corpo macchina modificato.
ESPOSIZIONE
Tempi lunghi
Con un esposimetro
esterno o una macchina reflex tradizionale, misuriamo la luce della scena da
riprendere, supponiamo di avere la coppia tempo diaframma 1/125sec a f/11 con
pellicola da 100 Iso. Quanto tempo dovremo esporre se abbiamo un foro
stenopeico da, ad esempio, f/166? Nessun esposimetro ha una scala di diaframmi
tanto ampia da arrivare a queste aperture. La soluzione è piuttosto semplice e
consiste nel realizzare un regolo calcolatore, per convertire i dati
dell’esposimetro della fotocamera o dell’esposimetro esterno, nei valori idonei
per esporre correttamente con il foro stenopeico.
La soluzione
consiste nel ritagliare le due strisce, e facendole scorrere tra di loro si
otterrà un regolo calcolatore, per determinare l’esposizione anche dei
diaframmi più chiusi di quelli "canonici". Se ad esempio la coppia
tempo diaframma suggerita dall’esposimetro fosse 1/125sec a f/11, la corrispondente coppia tempo diaframma che
leggeremo sul regolo sarà per un diaframma f/166
di 8 secondi e il gioco è fatto. Quando si presenta delle esposizioni
lunghe si rende necessario allungarle ulteriormente con una cosa chiamata “difetto
di reciprocità” delle
pellicole. Il difetto di reciprocità si
manifesta con qualsiasi emulsione fotografica quando si esce dal campo di
normale utilizzo della pellicola, cioè per tutti i tempi compresi tra 1/1000 ed
1/4 di secondo. Quindi il problema non riguarda solo i tempi lenti o lentissimi.
Cosa succede quando si esce da quell'intervallo?
Il minimo che può capitare è di sottoesporre, ma poi subentrano anche
cambiamenti del colore e del contrasto. Questo perché la rapidità effettiva di
una emulsione fotografica varia in funzione del livello di illuminazione e del
tempo di esposizione. Ogni emulsione ha la maggiore risposta ad un particolare
livello di illuminazione e ad entrambi gli estremi di questo livello la
risposta decresce ed è necessaria una esposizione addizionale per ottenere
quella giusta.
La legge di
reciprocità
Dato che stiamo parlando di un "difetto" dobbiamo tenere
presente la legge che non viene rispettata. Esiste, quindi, una legge di
reciprocità che mette in relazione tutte le coppie tempo/diaframma in grado di
fornire la stessa esposizione. Per esempio, una esposizione di 1/125 ed F/8 è
equivalente ad una esposizione di 1/30 ed F/16, salvo una diversa profondità di
campo ed un eventuale rischio del mosso. Continuando a formare tutte le coppie
tempo/diaframma equivalenti, si arriverà ad avere un diaframma molto chiuso ed
un tempo molto lento. Quest'ultima coppia non sarà più valida per avere una
giusta esposizione ed occorrerà apportare le dovute correzioni, quindi MANCA LA RECIPROCITA'.
La legge di reciprocità è valida per la maggior parte delle pellicole
in bianconero con tempi di esposizione compresi tra 1/4 ed 1/1000 di secondo,
mentre per le pellicole a colori il campo è più ristretto (tra 1/10 ed 1/750).
|
FACTORS FOR ILFORD FILMS |
|
|
Film |
Factor |
|
SFX |
1.43 |
|
Pan F+ |
1.33 |
|
D100 |
1.26 |
|
D400 |
1.41 |
|
D3200 |
1.33 |
|
FP4+ |
1.26 |
|
HP5+ |
1.31 |
|
XP2 |
1.31 |
|
K100 |
1.26 |
|
K400 |
1.30 |
Quindi, ad esempio usando una pellicola con sensibilità 125 ISO (FP4). Il nostro esposimetro ci darà il tempo misurato (indicato) di 10 secondi: 10 ^1,26 = 18,20 secondi [ il carattere ^ è un operatore esponeziale ] Arrotondando questo risultato si ottiene un'esposizione di 18 secondi.
Tabella Reciprocità FP4+ & D100
|
FP4+ 125 ISO |
FP4+ 125 ISO |
|||||
|
tempo
esposimetro secondi |
^1,26 |
tempo
esposizione secondi |
tempo
esposimetro secondi |
^1,26 |
tempo
esposizione secondi |
|
|
1 |
|
1 |
31 |
|
76 |
|
|
2 |
|
2 |
32 |
|
79 |
|
|
3 |
|
4 |
33 |
|
82 |
|
|
4 |
|
6 |
34 |
|
85 |
|
|
5 |
|
8 |
35 |
|
88 |
|
|
6 |
|
10 |
36 |
|
91 |
|
|
7 |
|
12 |
37 |
|
95 |
|
|
8 |
|
14 |
38 |
|
98 |
|
|
9 |
|
16 |
39 |
|
101 |
|
|
10 |
|
18 |
40 |
|
104 |
|
|
11 |
|
21 |
41 |
|
108 |
|
|
12 |
|
23 |
42 |
|
111 |
|
|
13 |
|
25 |
43 |
|
114 |
|
|
14 |
|
28 |
44 |
|
118 |
|
|
15 |
|
30 |
45 |
|
121 |
|
|
16 |
|
33 |
46 |
|
124 |
|
|
17 |
|
36 |
47 |
|
128 |
|
|
18 |
|
38 |
48 |
|
131 |
|
|
19 |
|
41 |
49 |
|
135 |
|
|
20 |
|
44 |
50 |
|
138 |
|
|
21 |
|
46 |
51 |
|
142 |
|
|
22 |
|
49 |
52 |
|
145 |
|
|
23 |
|
52 |
53 |
|
149 |
|
|
24 |
|
55 |
54 |
|
152 |
|
|
25 |
|
58 |
55 |
|
156 |
|
|
26 |
|
61 |
56 |
|
159 |
|
|
27 |
|
64 |
57 |
|
163 |
|
|
28 |
|
67 |
58 |
|
167 |
|
|
29 |
|
70 |
59 |
|
170 |
|
|
30 |
|
73 |
60 |
|
174 |
|
|
Eric Renner |
Pinhole Photography –
Rediscovering a Historic Technique Third Edition
|
Ed. Focal Press |
|
Eric Renner |
Pinhole Photography – From
Historic Tecnique to Digital Application Edition 4
|
Ed. Focal Press |
|
Vincenzo Marzocchini Marco Mandrici
|
Camera Obscura. La Lentezza
dell’Istantanea |
Ed. La Lanterna Magica
|
|
Luigi Cipparrone Vincenzo Marzocchini
|
Didattica della Fotografia
stenopeica |
Ed. Le Nuvole |
|
Luigi Cipparrone |
“Sul Buco” Riflessioni e
Considerazioni
|
Ed. Le Nuvole |
|
Vincenzo Marzocchini |
“Dalla Sihouette
all’impronta” ritrovamenti e percorsi nella storia dell’arte e della
letteratura
|
Ed. Le Nuvole |
|
Vincenzo Marzocchini |
AUTORI esperienze di
fotografia stenopeica
|
Ed. Le Nuvole |
|
Vincenzo Marzocchini A cura di |
“La Fotografia Stenopeica
in Italia” Storia tecnica estetica delle riprese stenopeiche
|
Ed. Clueb |
|
Luigi Cipparrone Vincenzo Marzocchini |
“PINHOLE ITALIA 2009”
autori, immagini, strumenti della fotografia stenopeica in italia
|
Ed. Le Nuvole |
|
Enrico Maddalena |
“Come cavare una foto da un
buco” FOTOGRAFIA STENOPEICA – manuale completo ed approfondimento per
conoscerla e praticarla |
Ed. FIAF |


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